Riflessioni e Consigli di Public Speaking per Politici al passo con i tempi
Iniziamo con le riflessioni
Ammetto di averci ragionato un po’ prima di decidermi a scrivere questo articolo, dedicato al public speaking per politici.
Questo perché, come possiamo, tristemente constatare, negli ultimi anni il mondo della politica italiana si è guadagnato parecchi punti a suo sfavore.
Ma se ci concentriamo su ciò che “dovrebbero” giustamente rappresentare i politici, piuttosto che su ciò che spesso, purtroppo, manifestano, ci accorgiamo subito dell’importanza vitale che essi hanno per la vita di un paese.
Ho deciso quindi di scrivere questo articolo come buon auspicio di una politica esemplare, connotata da equanimità, da integrità etica e morale, e da onorevoli intenti.
Una politica efficace: caratterizzata da elevata e ampia competenza di coloro i quali si assumono importanti responsabilità.
Una politica sana: finalizzata al “servizio” del Paese e del Popolo che rappresenta, e da assoluta dedizione al “bene comune”.
Quando ci si occupa di “bene comune”, tra le altre cose, si deve sapere, appunto “comunicare”.
In effetti, la politica è una delle attività che maggiormente richiede di avere elevate competenze comunicative, ma è anche un campo dove abbondano, purtroppo, i cattivi esempi, non solo in termini di etica, ma anche in termini di efficace presenza nel parlare in pubblico.
Vagando per telegiornali e dintorni, non è improbabile imbattersi in esempi di politici che dimostrano di aver dedicato davvero poco tempo allo studio e al miglioramento personale.
Nella maggior parte delle professioni, specialmente al giorno d’oggi, se ci si vuole garantire di essere sempre competitivi e sulla cresta dell’onda, è obbligatorio mantenersi aggiornati e investire in formazione. Questa verità è così potente, da aver dato vita al cosiddetto fenomeno del “long life learning”! Altrimenti si rischia di restare senza clienti e senza lavoro.
In politica invece, questo non avviene!
In Italia siamo ancorati, tranne sporadiche eccezioni, all’immagine tradizionale di un politico che parla in modo “barboso”, con un linguaggio sibillino e poco diretto, e spesso e volentieri, legge i propri discorsi.
Molti politici, in passato, e alcuni anche tutt’oggi, nel loro eloquio esibiscono per giunta cadenze dialettali più o meno evidenti.
Come me, anche tu avrai avuto modo di poter constatare che la capacità di parlare bene in pubblico, sia una dote che non tutti posseggono. Eppure, un politico dovrebbe essere padrone di quella cosiddetta ars oratoria, dalle antiche e nobili origini. Il public speaking per politici, quindi, dovrebbe essere una disciplina che compete di natura a chi si dedica a questa attività.
D’altra parte, è evidente che, se un politico non gode di un fluente public speaking, come potrà mai riuscire a comunicare, ad esempio nei confronti di una platea, il suo pensiero, in modo che risulti essere convincente e chiaro?
In politica una corretta comunicazione consente la reale partecipazione degli uomini e delle donne alle sorti del proprio paese e alla gestione della “cassa comune”. Una comunicazione farraginosa, confusa e di difficile accesso, invece allontana i cittadini dalla partecipazione al governo della res publica, li deresponsabilizza e tende purtroppo a rendere la politica un mero esercizio di potere di pochi su molti.
Un fulgido esempio di cosa dovrebbe rappresentare il moderno termine di public speaking per politici del XXI secolo, è ancor oggi, propriamente racchiuso nell’antica saggezza. Ad esempio, Marco Fabio Quintiliano maestro di retorica e celebre oratore romano era solito dire che “Se i nostri gesti e l’espressione del volto sono in contrasto con le parole che pronunciamo, non soltanto il nostro discorso risulta poco convincente, ma anche privo di credibilità”.
Cosa dire di più?
Ma il public speaking per politici cos’è esattamente?
Il public speaking per un politico trova la sua massima espressione su due pensieri magistralmente fornitici da due grandi del passato, più o meno lontano.
Il primo ci proviene ancora una volta da Quintiliano e che recita come “Ogni luogo richiede una forma particolare e uno stile di eloquenza appropriato”, mentre il secondo ci arriva direttamente da John Fitzgerald Kennedy, uomo che ha rappresentato indiscutibilmente una fulgida figura politica e che ha saputo contrassegnare un’intera epoca. Egli ricordava come “I migliori oratori danno l’impressione di improvvisare, ma in realtà si preparano tutto”.
L’accostamento di queste due notevoli personalità non è casuale, perché forse non tutti sanno che l’ars oratoria ha origini antichissime, che risalgono alla Magna Grecia, alla Grecia, e all’antica Roma.
Nella civiltà greca il saper parlare bene costituiva la prima fondamentale competenza che un individuo dovesse acquisire per partecipare attivamente alla vita politica e all’esercizio della giustizia. Ogni uomo che godeva dello status di libero cittadino, aveva il diritto e dovere di esercitare costantemente all’interno della polis la retorica.
La cultura Romana ha poi ereditato la dedizione allo studio e alla pratica dell’ars oratoria, regalandoci esempi magistrali come quelli di Catone detto “il Censore”, Cicerone, Quintiliano, per non citare che i più famosi.
L’arte del public speaking, in tempi più recenti, è fiorita nella cultura anglo-americana, regalandoci esempi di magnifica eloquenza; ma mentre l’oratoria classica si focalizzava più che altro sulla “pars destruens”, richiedendo principalmente l’abilità a confutare le tesi altrui, la retorica d’oltre oceano, incentrandosi sulla “pars costruens” scopre il potere trascinante e coesivo di un progetto comune, di un futuro migliore da realizzare. Due approcci che sottendono diversi “metamodelli”, per usare due definizioni mutuate dalla PNL: “via da” il primo approccio, e “verso” il secondo.
Vi dice nulla il magnifico discorso “I have a dream” di Martin Luther King?
Come avere una marcia in più
Di certo, è difficile immaginare un politico che abbia paura di parlare in pubblico, visto che esso rappresenta il suo possibile elettorato, quanto meno perché, dopo ripetute occasioni di pratica sul campo, chi rimane sulla cresta dell’onda la paura deve averle per forza superata!
Diverse sono le occasioni e i contesti in cui un personaggio politico si trova a dover parlare in pubblico: dalle situazioni più formali e istituzionali ai dibattiti, dalle conferenze stampa ai confronti con sostenitori di altre posizioni.
Ma la dote che è forse quella basilare per eccellenza è la capacità di saper coinvolgere le persone, che rappresentano l’elettorato, e possono diventare sostenitori o oppositori.
Il saper parlare in pubblico con efficacia è certamente una differenza che distingue il politico di razza, ma per far sì che tutto ciò si concretizzi si debbono saper dosare e utilizzare codici multipli.
Infatti, non è solamente con la discorsiva e l’argomentazione corretta che si può raggiungere tale obiettivo.
Ruolo fondamentale per l’efficacia di un intervento in pubblico è quello della voce, che va saputa modulare nei toni più coerenti ai contenuti, con un sapiente e calibrato uso di ricchezza timbrica, di pause, volumi e alternanze di ritmi incalzanti o pacati.
Come pure deve intervenire a sostegno del public speaking per politici quello che è noto come “linguaggio del corpo”.
Anche se come uomini il giudizio personale può differire ed essere non sempre positivo, alcuni personaggi hanno mostrato di saper riuscire a trascinare le folle e possono essere interessanti esempi di studio per chi vuole approfondire il tema del public speaking per politici, evidenziando come purtroppo l’abilità retorica, di certo miscelata ad altri fattori, riesca comunque a muovere le masse in direzioni anche distruttive.
Figure come Mao, Hitler e Mussolini, sapevano, di certo, dominare le folle.
Esempi a noi più vicini di quella che è l’arte di “infervorare” le genti, le possiamo riscontrare in politici del recente passato come Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante, per poi evidenziare come il public speaking dei politici italiani sia andato a modificarsi, ascoltando Silvio Berlusconi o Matteo Renzi.
Fuori da casa nostra, di certo non si può negare che Barak Obama sia un esperto di public speaking per politici.
Tra i più eccelsi esempi del saper parlare in pubblico, muovere e commuovere le folle troviamo, ad esempio, il grande Martin Luther King, di cui ho già citato il celebre “I Have a Dream”, Nelson Mandela, John Fitzgerald Kennedy, e suo fratello Robert.
Qualche consiglio pratico
Parlare in pubblico, in maniera coinvolgente, cioè sostenendo le giuste parole con un linguaggio del corpo e un paraverbale congruenti, è il frutto di un vero e proprio allenamento tanto mentale quanto fisico.
Per questo vorrei suggerire ai giovani che si accingono a intraprendere questa carriera, innanzitutto di leggere dei libri sul public speaking per politici, cosa più che valida, ma che da sola non basta a far sì che una persona sviluppi abilità e competenze che non sono non solo “cognitive” ma anche pratiche.
Un’utile esperienza è anche quella di visionare con attenzione molti video di discorsi pubblici tenuti dai politici italiani e di altre nazioni. In rete ve ne sono molti, e potete sbizzarrirvi a vostro piacimento. Potete, ad esempio, mettere a confronto l’oratoria dei politici di casa nostra con quella dei colleghi d’oltre oceano, e noterete subito le differenze d’impatto e di carisma, al di là delle ovvie differenze culturali.
Quest’esercizio è utile soprattutto se vi impegnate a guardare mettendovi nei panni di un ascoltatore qualsiasi. Cercate di intuire cosa potrebbe provare una persona che ascolta, quali stili accaparrano l’attenzione e quali provocano noia ad esempio. Oppure chi ispira fiducia e chi, invece, diffidenza. Le reazioni che scoprirete in voi stessi nell’ascoltare un discorso, probabilmente saranno vissute in modo simile anche da tanti altri, quindi domandatevi se sono questi, oppure no, i sentimenti che voi volete instillare in chi vi ascolterà.
Ovviamente la strategia migliore per imparare, se non siete particolarmente predisposti per natura, o per perfezionarvi, se già lo siete, è quella di seguire un corso di public speaking per politici, possibilmente.
Se invece volete qualcosa di più, il “fiore all’occhiello” che fa la differenza, potete seguire la strategia dei “grandi”: avere un personal voice coah, un allenatore della voce e della comunicazione, che vi seguirà prima di ogni evento importante, per provare il vostro discorso progettando con voi i registri comunicativi più adeguati.
Non per nulla, le parole, in special modo quelle pronunciate da un personaggio politico, debbono diventare una sorta di fonte d’ispirazione, soprattutto in quelle che sono le ore più buie per una nazione.
Il mio punto di vista in sei step …
Per riassumere i punti chiave del public speaking per politici, ecco alcune regole sulle quali riflettere.
- Se ogni luogo richiede forma e stili appropriati, va da sé che il public speaking per politici è un qualcosa di specifico, che è meglio non confondere con il parlare in pubblico tipico di altre professioni.
- Chiarezza dei contenuti è anche chiarezza d’intenti. L’uomo politico d’onore non si esprime con messaggi fumosi, con giri di parole dall’oscuro senso, che generano confusione e, infine, delusioni. Bensì segue la massima: “Rem tene, verba sequentur”, attribuita Catone “il Censore”. E cioè: “abbi chiaro il concetto, e le parole verranno da sole“. Rendere il proprio pensiero volutamente poco chiaro e comprensibile, spesso fa parte della strategia, ma questa è una tattica che io personalmente non approvo.
- Con-vincere o persuadere? L’uomo politico eticamente integro seguirà il primo orientamento, che è inclusivo e tipico della leadership condivisa. L’ascoltatore attento e preparato ormai diffida dello stile propagandistico, che pecca in trasparenza e nasconde spesso finalità manipolative.
- E’ importante non solo quello che si dice, ma “come” lo si porge. Il politico di successo, si premura di conoscere il linguaggio del corpo, e in particolare le espressioni del volto.
- Come avvalersi del potere della voce? Il paraberbale è l’abito con cui rivesti le tue idee. Trascuralo e sarai penalizzato. Non si deve temere di far vibrare nella voce i toni umani, come quelli dell’empatia, della sincerità, della passione. E poi… leggere i propri discorsi non è il massimo!
- La comunicazione politica deve essere equilibrata e obiettiva. In occasione di dibattiti, e di fronte ad obiezioni, non si deve indulgere a reazione colleriche e rabbiose, e mai scadere di qualità, sfociando nella rissa o nella mancanza di rispetto per le idee altrui.
Voglio sinceramente augurarmi una stagione di uomini e donne che vivano un nuovo modo di fare politica che sia degno di questo nome, mettendo il proprio carisma al servizio della nazione, con generosità, disinteresse e onestà.
La storia ci ha tristemente insegnato come la dialettica, l’abilità retorica, la magniloquenza, unite ad una comunicazione persuasiva e alla conoscenza della psicologia, in particolare di quella delle masse, possano degenerare prima in una fabbrica di cieco consenso, e infine in prevaricazione e sopraffazione.
Perciò, per finire la mia esposizione, ritorno agli antichi, dai quali sempre possiamo trarre ispirazione e insegnamento, se ci abituiamo a leggerli con senso critico, inteso nel senso etimologico del termine.
Il fatto che Platone si sia scagliato, a suo tempo contro i sofisti, retori abilissimi e spregiudicati che, con i loro insidiosi discorsi erano in grado di avere la meglio nelle assemblee popolari, ci ricorda che la manipolazione, intesa come il potere di influenzare a proprio vantaggio il comportamento di altri individui, è sempre esistita.
Platone però ci rammenta anche che il vero politico, colui che vuole essere meritevole di questo ruolo di elevata responsabilità, ha a cuore il “bene” dei suoi concittadini e la “verità”, valori che deve anteporre al suo personale successo.
Auguriamoci allora che ogni nazione abbia sempre dei leader capaci, integri e lungimiranti.
Vi lascio perciò a queste ispirate parole, tratte dal “discorso all’umanità”, nel film “Il Grande Dittatore” di Carlie Chaplin.
Vi esorto ad accoglierle come esempio mirabile di public speaking per politici, sia nei contenuti che nella carica espressiva trasmessa dalla voce del doppiatore (in origine il film fu doppiato da Gianfranco Bellini, e in seguito da Oreste Lionello e Claudio Trionfi).