Nel parlare in pubblico, ha ancora un senso pronunciare con correttezza la propria lingua?
PREMESSA
Durante una delle mie recenti lezioni di comunicazione efficace per studenti che devono affrontare esami, è emersa un’interessante problematica, relativa all’importanza o meno di utilizzare nella comunicazione verbale, in contesti formali, una corretta padronanza della nostra lingua e della sua della pronuncia.
In effetti oggi come oggi possono sorgere dei dubbi, considerando il fatto che, sia i media, sia il web non sempre ci offrono esempi di un italiano parlato “correttamente”, anzi, ci elargiscono in diverse occasioni un linguaggio che va deteriorandosi e che perde, di giorno in giorno, i propri punti fermi.
Ogni lingua, si sa, è un organismo in continua trasformazione, e le sue regole si modificano nel tempo.
Quelli che, prima, erano considerati errori, grazie al “diritto di consuetudine” si integrano nella lingua parlata, diventando, di fatto, accettati e quindi accettabili.
Anche il nuovo assetto culturale del paese, che va perdendo le sue radici d’identità e coesione, configurandosi sempre più come una realtà sfaccettata e composita, gioca un ruolo pesante sulla rapida trasformazione della lingua. E’ spesso difficile trovare un equilibrio e distinguere tra quella che è una fisiologica trasformazione della consapevolezza linguistica, e quelli che sono fenomeni di altro tipo, come ad esempio, il cosiddetto “analfabetismo di ritorno”.
Detto questo, veniamo concretamente al “punto”: come deve regolarsi chi si trova a parlare in pubblico, o con estranei, per motivi professionali, o in situazioni formali?
Fermo restando che, nella mia esperienza, ho notato che le regole rigide sono in realtà poche, e che le scelte vanno sempre adattate al contesto e alle finalità, andiamo a valutare insieme alcuni esempi concreti, di grande utilità per chi vuole padroneggiare efficacemente l’abilità del public speaking.
Una regola fondamentale, sia nello scrivere che nel parlare, è efficacemente sintetizzata in questa frase di Robert Collier:
“Prima di prendere la penna in mano è importante che tu decida esattamente il tipo di emozione, l’effetto che vuoi andare a generare nella mente del lettore. Cosa vuoi suscitare in lui.”
Il mio obiettivo, ad esempio, è di portarti semplicemente a riflettere sui seguenti punti per poi fare delle scelte, le TUE scelte. Sono certa che la capacità di esprimersi con chiarezza e carisma sia di grande utilità per sviluppare carisma e leadership.
E’ anzi una delle abilità fondamentali da padroneggiare per avere successo nella vita.
Pronunciare in modo intelligibile:
Pronunciare male, fa sembrare meno intelligenti e di certo meno colti.
Le parole che dici, vanno enunciate con chiarezza, in modo da essere comprese bene da chi ti ascolta. Se chi ti ascolta non capisce bene ciò che dici, è costretto a “interpretare”. Si domanderà, più o meno inconsapevolmente, se anche tu hai chiaro in mente quello che vuoi dire.
E’ importante metterti nei panni di chi ascolta, “sentire” le cose dal loro punto di vista, se il tuo obiettivo è di far capire e accettare le tue idee. Altrimenti, è come se parlassi solo per te stesso.
Se vuoi essere ascoltato, presentare i tuoi progetti e i tuoi pensieri in maniera coinvolgente, devi avere cura che gli altri comprendano il senso del tuo messaggio.
Si creano negli altri, sensazioni del tutto diverse proiettando la voce “fuori” invece che “parlandosi dentro”!
Vuoi essere autorevole? Vuoi valorizzare il tuo carisma? Allora curati di avere una chiara enunciazione.
Chiudere le frasi pronunciando interamente l’ultima parola:
E’ una tendenza di molti, che spesso sfugge al controllo diventando un “vizio”. Tante persone hanno la tendenza a diminuire drasticamente la pressione dell’aria prima di aver finito la parola. Di solito indica insicurezza, timidezza, tendenza a “non volersi esporre ”troppo, magari per paura che il proprio pensiero non sia accettato. Questo modo di parlare non conferisce né carisma né autorevolezza, anzi, chi ti ascolta avrà l’impressione che tu non sia del tutto certo di quanto affermi.
Questo fenomeno si verifica quando, per una serie di motivi legati all’emozione o alla scarsa padronanza della voce, il fiato finisce troppo presto. Tecnicamente, si corregge lavorando sull’emissione dell’aria, per far si che il fiato (quindi la muscolatura che lo gestisce) sostenga la tua frase fino in fondo. Immagina di avere un vassoio con dei dolci da offrire ai tuoi ospiti, e doverlo posare sul tavolo. E’ come se, invece di accompagnare l’oggetto fino a che non è solidamente appoggiato al tavolo, tu smettessi all’improvviso di reggerlo e ce lo lasciassi cadere di peso sopra! Non fa certo una buona impressione.
Per iniziare a controllare la respirazione, puoi scaricare, se non lo hai già fatto, dal mio sito la scheda di lavoro, insieme all’e-book gratuito.
Evitare errori grammaticali e di sintassi
Anche se in alcune occasioni attori, presentatori o speaker di televisione, radio e web ci forniscono esempi di errori (e non sempre sono “papere”), quando è in ballo la tua credibilità, forse è il caso di fare attenzione a esprimerti con precisione linguistica e competenza, non solo dei contenuti, ma anche della lingua che usi per esprimerli.
Se non rispetterai grammatica e/o sintassi, le persone potrebbero sospettare (anche se non è vero) di avere di fronte una persona poco colta e intelligente. Ovviamente, è ben altra cosa sbagliare di proposito, per far ridere i tuoi amici!
Limitare gli intercalari
Sono quelle sequenze di suoni o frammenti di frase che mentre si parla, vengono inserite nel flusso comunicativo, ad esempio per riempire il vuoto che si formerebbe mentre si è alla ricerca della parola giusta da dire. Questo accade spesso in maniera automatica e non ce ne rendiamo conto. Capita a tutti di servirci degli intercalari, ad esempio: “cioè”, “voglio dire”, “ehmm”, “ahh”, “allora”, ecc.. Abbiamo quasi paura delle pause, come si ha paura del vuoto… insomma spesso soffriamo di … “vertigini oratorie”!
Eppure (chi segue i miei corsi lo sa!) le pause, posizionate e dosate in maniera strategica, aiutano a catturare e tenere alta l’attenzione dei presenti per tutta la durata del tuo intervento.
Come deve regolarsi in merito agli intercalari chi si accinge a parlare in pubblico? Il mio suggerimento è fare attenzione, e non abusare di tali espressioni! Specialmente in contesti formali!
Non parlare troppo velocemente
Anche questo è un aspetto sgradevole che non depone a favore dell’oratore. Se parli troppo in fretta gli ascoltatori penseranno che non ti trovi a tuo agio, o che non prendi sul serio l’argomento che stai presentando, e, comunque, che non vedi l’ora di finire e andartene.
In più, quello che dirai non sarà capito né ricordato, in quanto manca la giusta enfasi che sottolinea le parole chiave, così come manca all’uditore
il tempo di afferrare i concetti e archiviarli mentalmente. Se stai tenendo una lezione, o un corso di formazione gli studenti non avranno tempo, né una base comprensibile su cui prendere gli appunti.
La voce e il ritmo con cui scandisci, nel parlare, le cose su cui vuoi che il tuo pubblico si focalizzi, aiutano gli studenti a prendere appunti in modo efficiente e funzionale.
Il parlare troppo velocemente quindi è un ulteriore fatto che denota, a torto o a ragione, uno scarso rispetto verso chi ascolta.
Non distorcere o confondere le parole
Gli strafalcioni linguistici sono divertentissimi, se li sentiamo dagli altri … ma se capita a Te, è molto meno divertente, ti assicuro (però lo sarà per gli altri). Quindi, attenzione a non “affliggere i manifesti”, a non farti venire il “patè d’animo”, non trovarti mai “agli antilopi”, e a proteggerti sempre dai “raggi ultraviolenti”.
Evita inoltre certe grossolane confusioni, come quella di sostituire la “T” con la “D” oppure la “P” con la “B”, la “Z” con la “S” o la “G” al posto della “C” (e viceversa). Questi errori sono associati automaticamente all’idea di una persona sciocca e di scarsa cultura. Attento allora a non dire “stango” al posto di “stanco”, “contatino” al posto di “contadino” “comantante” invece di “comandante”, o “combrare” invece di “comprare”, “borza” al posto di “borsa” e così via… se non vuoi apparire sciocco, e suscitare ilarità negli interlocutori.
Inflessioni dialettali: sì o no?
Il mio consiglio è di usarle con “intelligenza”. Se è un modo garbato di colorare l’eloquio, e se il contesto lo consente, può essere piacevole. L’importante è che il contenuto di quello che dici sia assolutamente ben curato. Si noterà il contrasto, che può essere in, alcuni contesti, affascinante, tra la sostanza di spessore del tuo discorso, e la caratterizzazione “umana” della tua modalità personale di comunicare. Si tratta, come nel caso successivo, di una scelta strategica. Però, ripeto, non è il caso di esagerare.
Parole dialettali o gergali: sì o no?
Semaforo giallo! Attenzione: se devi parlare in pubblico, fare una presentazione di lavoro, o una conferenza, sostenere un esame, parlare con un cliente (che magari non capisce il tuo dialetto) è preferibile, a mio avviso, l’uso dell’italiano corretto. Cambia totalmente il punto di vista in cui ti poni. Se vuoi convincere qualcuno di qualcosa, diffondere le tue idee in modo persuasivo, devi dimostrare la tua disponibilità a rendere comprensibile ciò che dici. Insomma, vale sempre la regola fondamentale della buona comunicazione: si parla soprattutto per gli altri, e non solo per soddisfare il nostro bisogno espressivo. Se scegli di colorire il tuo discorso con vocaboli o forme dialettali, fai comprendere l’intenzionalità della tua scelta, mettendo in risalto l’espressione che hai deciso di utilizzare. Deve essere chiaro che si tratta, appunto, di una precisa scelta, e non d’incompetenza. E, se necessario, spiegane il senso a chi non comprende. E’ un po’ come per la pittura “astratta”: un valente pittore si esprime con quello stile NON perché non è in grado di disegnare con verosimiglianza, ma perché lo trova più aderente alla sua personalità artistica e alle emozioni che vuole suscitare negli altri.
PER CONCLUDERE
Questo breve articolo è un esempio del perché la padronanza non solo del linguaggio del corpo, ma anche della respirazione, dell’emissione vocale, dell’articolazione e della pronuncia, è basilare per tutti voi che vi affidate alla voce per scopi professionali, e che avete come obiettivo il comunicare con successo in ogni situazione, formale o informale che sia. Le occasioni in cui si utilizza la voce per parlare sono molteplici, e la padronanza degli strumenti comunicativi è fondamentale per chi non si accontenta del “cosa” dire, ma vuole “fare la differenza” curando il “come” parlare, per coinvolgere emozionalmente gli ascoltatori.
Avere presenza, padroneggiare il public speaking, al giorno d’oggi è indispensabile non solo di fronte a grandi platee, in occasione di conferenze, convegni, o corsi di formazione, ma in una infinità di altre occasioni:
- riunioni di lavoro
- riunioni di famiglia
- riunioni di condominio
- incontri con gli amici
- dialogo con altre persone
- presentazioni di vendita con i clienti
- presentazioni di progetti
- corsi, lezioni e seminari
- attività professionali attinenti alla salute o al benessere.
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